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Inquieta, androgina, nomade in fuga da se stessa, icona eterea e trasgressiva: Annemarie Schwarzenbach č tutto questo, un romantico Ulisse senza Itaca. In un nefasto 1939, lasciandosi alle spalle un'Europa sull'orlo della guerra e l'amore tormentato con Erika Mann, Annemarie prende la via dell'Oriente a bordo di una Ford con l'amica scrittrice Ella Maillart. Due donne sole scoprono l'Afghanistan, un paese ai confini del mondo dove il tempo č rarefatto e brevi tragitti diventano peregrinazioni di giorni interi. Annemarie racconta quello che vede e sente in un quaderno di viaggio che lascia stupiti per la sua incredibile modernitŕ: quei paesaggi scomparsi, distrutti dalle recenti guerre, dilaniati dalle tensioni etniche, attraverso le parole di Annemarie si mostrano ancora nella loro purezza, in un riverbero di colori polverosi, sguardi profondi, voci lontane. Prende forma un viaggio che č dura scuola di vita, abitudine all'incontro e alla perdita, apertura all'altro e alla parte piů in ombra di se stessi. Dalla Turchia alla Persia, fino agli altopiani afghani, Annemarie si interroga sulla condizione delle donne col chador, si ferma a bere il tč nelle tende giallo ocra delle tribů pashtun, attraversa tempeste di sabbia e deserti di cardi. Nomi come Pamir, Hindu Kush e Mazar-i-Sharif, molto piů che indicazioni geografiche, nel suo taccuino divengono suono e colore, ricordo e mistero.