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Opera solenne e trasgressiva, enigmatica e viscerale, Trilce di César Vallejo esce nel 1922, anno 'fondativo', potremmo dire: escono infatti, a distanza di pochi mesi, Thee Waste Land di Eliot, Ulysses di Joyce, nonché la traduzione inglese, da parte di Russell, del Tractatus Logico-Philosophicus di Wittgenstein, opere che segnano svolte radicali nella storia letteraria e culturale del Novecento; lo stesso dicasi per Trilce che, per quanto parzialmente scritto dal poeta peruviano nella restrizione e nell'isolamento di un piccolo carcere sulle Ande, viene tutt'oggi considerato un momento fondamentale del rinnovamento del linguaggio poetico mondiale, capolavoro che rende Vallejo una delle voci più originali, assieme a Lorca e Neruda, della lingua spagnola di tutti i tempi. Thomas Merton, non a caso, lo definiva "il più grande poeta universale, dopo Dante". Trilce – neologismo coniato dall'autore – si compone di 77 testi poetici che si intrecciano tra loro, formando un grande arazzo-labirinto della cultura ispanoamericana di inizio Novecento: ad ogni nuova invenzione letteraria il lettore sarà chiamato ad uscire dal labirinto di Trilce, a decifrare il codice poetico del grande autore peruviano; ogni singola parola, anche la più semplice e umana, verrà riformulata, intensificata, detta nuovamente 'una prima volta' dal poeta, caricata di nuovo senso etico e politico.