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Uscito nella primavera del 1930, quando non si è ancora posto in modo eclatante il tema del contagio del fascismo italiano in Europa, il volume di Pietro Nenni divenne un grande successo popolare perché la sua efficacia narrativa e politica risultarono fuori dall'ordinario. E per questo venne dato alle fiamme. Un'opera scritta magistralmente in cui risulta evidente quanto Nenni non sia interessato ad un esercizio di stile: a muoverlo, infatti, c'è una motivazione squisitamente politica. Nenni, mentre racconta i fatti, non li commenta, lascia che la ferocia parli da sola. Per questo la sua prosa è così magistralmente vera e, allo stesso tempo, dolente. Nel ripercorrere eventi e sentimenti collettivi, anche quelli che precedono i sei anni oggetto del libro, Nenni si imbatte in passaggi epocali e ne lascia traccia con racconti dai quali il lettore può trarre insegnamenti di carattere universale. Ma il modo di raccontare i fatti – nudi e crudi, verrebbe da dire – è una lezione permanente, tanto più attuale per stagioni a noi più vicine, nelle quali le opinioni si confrontano quasi a prescindere dai fatti.