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Napoli, fine anni Settanta. Per le strade della città compaiono dei poster scandalosi, indecenti. Appaiono e scompaiono rapidissimamente, prima di essere sostituiti da nuove immagini, e durano appena due anni, prima che intervenga la censura. Erano locandine di film porno, con donne nude, provocanti, oscene, ma più che i corpi a essere rappresentato era il desiderio maschile, l'immaginario machista egemone in quegli anni. Marialba Russo ne fu subito attratta e decise di fissarle nei propri scatti. Questa ricerca divenne presto metodica. Catturava queste immagini quasi di nascosto, dando vita a un'ossessione diventata presto collezione sistematica, un corpus eterogeneo fatto di scatti, pose, sguardi differenti, tenuto insieme da un erotismo esagerato, quasi comico, o tragico, nella sua rappresentazione sfacciatamente unilaterale e al maschile. Ma cosa c'è dietro il gesto di una donna che negli anni Settanta fotografa delle locandine di film porno? Curiosità o indignazione? E soprattutto: cosa significa esporre queste immagini? È un modo per ridicolizzarle o per amplificarne la portata? Mostrarle equivale a depotenziare l'immaginario tutto maschile dei film porno o, esponendolo, non si fa altro che rinforzarlo, alimentando la tendenza che espone le donne e il loro corpo a puro e semplice oggetto del desiderio? Queste sono alcune delle domande che il lavoro di Marialba Russo solleva e a cui i testi critici a cura di Goffredo Fofi ed Elisa Cuter tentano di dare una risposta in questo libro che intende spingere l'osservatore a interrogarsi sulla percezione del corpo femminile, sul significato dell'atto espositivo e su come questo affronti e muti la concezione dei ruoli di genere nella società attuale.