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Nel lontano 1985, diceva James Hillman: «Non è soltanto la mia patologia che si proietta sul mondo, ma è anche il mondo che mi inonda con la sua sofferenza non lenita». Questo è il filo conduttore del volume, che, partendo dai sogni raccolti durante il primo confinamento, si misura con l’esperienza psichica della pandemia. I sogni, considerati immagini del mondo e della storia, intrinsecamente curative, attraverso un corpo a corpo con l’arte si espandono e fioriscono. Diventano quadri e richiamano altri quadri. Parlano dell’anima del mondo, del suo patire, chiedendo uno sforzo immaginativo per poter avvicinare l’impensabile. E ancora e sempre la domanda è: come possiamo confrontarci col “Terrificante”, cercando di far sì che la morte e la distruzione non restino le ultime parole dell’umano? Come possiamo “bonificare”, usando un termine di Fornari, la violenza, la guerra, la malattia, la mancanza di senso? Forse l’unica via ha a che vedere con la tolleranza del lutto e l’apertura alla bellezza. Prefazione di Lella Ravasi Bellocchio.