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"L'alfabetismo ha estromesso l'uomo dalla tribù, gli ha dato un occhio al posto dell'orecchio e ha sostituito il suo sentimento di appartenenza collettiva, totale e in profondità con i valori visivi e lineari e con una coscienza frammentaria. Di qui una possibile nota di ottimismo: se la civiltà elettronica esalterà di nuovo l'orecchio, il senso della vicinanza, vi è qualche speranza che le divisioni del mondo possano attenuarsi." Con queste parole Marshall McLuhan nel 1969 descriveva i sensi umani. Perché se vista e udito hanno un ruolo parimenti decisivo nella comprensione del mondo, il campo visivo ha da sempre dominato i dibattiti sull'esperienza culturale. Di conseguenza il modo in cui entriamo in relazione con il mondo e lo pensiamo è sempre stato influenzato più dalla vista che dall'udito. Unendo studi di sociologia, cultural studies, antropologia, filosofia, geografia urbana e musicologia, "Paesaggi sonori" evidenzia questa "rivalità", indagando come la cultura acustica incida in modo sottile e profondo sulla nostra vita. Dal suono evocativo delle campane di paese al chiasso stridente dei tubi di scarico, ciò che udiamo modifica il nostro stato d'animo e le nostre azioni. E con l'avanzare della tecnologia, il mondo è diventato sempre più rumoroso e inquietante; per difenderci dai rumori, andiamo alla ricerca di nuovi suoni suoni che calmano, proteggono, alleviano.