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La strage di Piazza della Loggia ha interrogato alcune delle menti più lucide della filosofia italiana contemporanea, memori del detto hegeliano secondo il quale «la filosofia è il proprio tempo appreso nel pensiero». Tra questi pensatori – oltre a Norberto Bobbio ed Emanuele Severino – un posto spetta a Mario Cassa, che all'interpretazione di quell'evento ha dedicato vari scritti. Se Bobbio e Severino si sono soffermati sul significato della strage dal punto di vista della politica interna e delle relazioni internazionali, Cassa dà conto dell'utopia delle vittime. Un'utopia – «che le istituzioni, gli uffici, gli strumenti dell'amministrazione e dell'ordine pubblico diventassero autentici, diretti strumenti della volontà popolare» – da lui letta come il meglio del retaggio cristiano-marxista intrinseco alle speranze dei giovani in rivolta dal 1968. Quella mattina in Piazza a essere uccise sono state le speranze di un'ultima generazione «non ancora rassegnata a consegnare il significato della vita privata e pubblica nelle mani onnipotenti, dei governatori del mercato».