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In questa quinta tappa del viaggio di Louis Ginzberg attraverso la tradizione ebraica, in margine alla Bibbia, prosegue e si conclude l'epopea di Mosč, tormentato e persino ritroso intermediario fra cielo e terra, ma anche audace condottiero in quel deserto fitto di insidie in cui i figli di Israele errano (nel duplice senso del termine) per quaranta, lunghi anni. Sono pagine ricche di eventi, in vertiginosa oscillazione tra vette e bassure: la montagna in cima alla quale il profeta parla con Dio - e da Lui riceve la Legge - e il fondovalle dove gli ebrei attendono, divisi tra fervorosa attesa e cupo sconforto; la costruzione del Tabernacolo e dell'Arca Santa, suggello del patto tra Dio e il suo popolo, e la trasgressione in cui quest'ultimo puntualmente cade, come nell'emblematico episodio dell'adorazione del Vitello d'Oro. Una dinamica fra meriti e colpe, castighi e retribuzioni scandita da un susseguirsi di immagini nitide, ora struggenti ora crudeli, fino al culmine lacerante della morte del protagonista. Via via privato dal Signore dell'ispirazione profetica e incapace ormai di comprendere le parole della Legge, Mosč cerca almeno di stornare da sé la tremenda condanna di non poter calpestare la Terra Promessa. Invano: la potrŕ scorgere soltanto di lontano, dalla cima del monte in cui Dio lo porta a morire, ma in quell'istante essa sarŕ tutta e solo per il suo sguardo.