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Hermann Broch (1886-1951), il narratore de I sonnambuli e de La morte di Virgilio ha scritto una serie di interventi sul tema del Kitsch tra il 1933 e il 1950, tra l’avvento del nazismo e il suo esilio in America. «La critica di Broch è radicale, senza appello» scrive Luigi Forte nel saggio che accompagna questa edizione. «Il Kitsch infatti, secondo Broch, lungi dal dare senso e nuovi valori alla vita, le sottrae ogni significato e ripete cliché e formule già ampiamente sperimentati; va in direzione contraria a quella suprema unità teologica o cripto-teologica a cui Broch aspira, moltiplicando il frazionamento, i comportamenti stagni, l’atomizzazione di una cultura già in avanzata fase di decomposizione. E tutto questo per riuscire gradevole, per blandire ed eccitare il pubblico, per stordirlo. L’arte, al contrario, proprio per realizzarsi come arte, dev’essere innanzi tutto impegno etico, rischio e ricerca personale, umile applicazione, affermazione di valori morali e metafisici. Egli ritiene dunque che il Kitsch non solo sia radicalmente estraneo all’arte, ma si configuri come un crimine, e tra i peggiori, contro l’uomo».