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Le origini del movimento pentecostale in Italia risalgono al 1908, quando giunse a Roma un emigrante italiano e annunciò il messaggio di un risveglio spirituale avvenuto anni prima negli Stati Uniti. Vent’anni dopo il regime fascista cominciò a preoccuparsi della diffusione del pentecostalismo, difficilmente inquadrabile nel clima di controllo dittatoriale. Nel 1929 Mussolini firmò il concordato con la Santa Sede e la legge sui Culti ammessi. Con una circolare riservata, la cosiddetta «Buffarini Guidi», il 9 aprile del 1935 fu bandito il culto pentecostale, «essendo risultato che esso si estrinseca e si concreta in pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza». Storicamente interessante è che la circolare anticipa di tre anni e mezzo le leggi razziali in Italia, promulgate il 5 settembre 1938. Si adottarono perizie mediche, molti pentecostali furono malmenati, diffidati, incarcerati, rimpatriati, ammoniti e mandati al confino; i loro locali di culto furono chiusi, mentre nelle loro abitazioni irrompeva la Pubblica Sicurezza in base a segnalazioni anonime o di informatori dell’OVRA, requisendo Bibbie, innari, lettere.