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Le famiglie si allargano e non sempre si amano, i fulmini possono prendersi i figli e i figli possono prendere treni per crescere altrove. Il comunismo è una promessa che si è esaurita presto in un orizzonte di povertà. A Bucarest le fabbriche producono bulloni al ritmo del progresso, ma subito fuori, nelle campagne, la vita ha il tempo delle stagioni, dei raccolti, delle leggende. Al paese si muore e si vive sotto il peso di un malocchio o d’una benedizione, o si sta legati a un albero come per pazzia. Lo sa bene Olga, che vive là da sempre, matriarca di una strampalata stirpe di cinque figli, due mariti, un amore giovane e biondo dietro al quale ancora si strugge. Olga che se avesse studiato di più sarebbe diventata imperatrice. È Elena, sua nuora, che dalla città vede ricorda e racconta tutto questo, vite minime di piccoli eroi in disuso e eroine qualunque sperse in un campo sotto il sole, esistenze in orbita attorno alla loro buona o cattiva stella. Con una lingua incantata, comica e potente, capace di reinventare il mondo, Liliana Nechita allestisce una saga famigliare in cui le parole hanno “effetti immediati e durevoli”, e ci ricorda perché ciò che abbiamo davvero amato non fugge mai troppo lontano da noi.