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Questo è un libro sul tennis, forse. Il tennis è un po' come il latino, fa parte delle cose complesse, e come tale è materia ardua da maneggiare, difficile da padroneggiare, ma se non ci si arrende alla superficie, se si va nel profondo, è una prodigiosa palestra per affrontare la complessità. Proprio perché è materia complessa, come succede per tutte le materie complesse, bisogna essere un po' micanormali per praticarlo, bisogna essere parecchio micanormali per amarlo, bisogna essere estremamente micanormali per esserne ossessionati. E tutta questa umana micanormalità che gravita attorno ai campi da tennis è una fonte feconda di storie surreali e iperreali, comiche e tragiche, allegre e tristi. Luminosi campioni e oscuri broccacci da circolo si alternano, si inseguono, si confondono laddove, tolto tutto quello che è sovrastruttura — i punteggi, le classifiche, la fama, il pubblico, le vittorie, le sconfitte — resta solo l'irripetibile straordinarietà del vissuto. Si ride e ci si commuove, percorrendo queste storie che profumano di terra rossa e di palline da tennis appena stappate. Ride e si commuove l'appassionato di tennis, che scopre le storie sfogliando come un carciofo lo sport che ama. Ride e si commuove chi non ama il tennis e magari non ne conosce neanche bene le regole, ma sa appassionarsi alle storie, lasciando sullo sfondo, vigile ma silente, lo sport che ignora. Questo non è un libro sul tennis, forse.