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«Qualcosa si muove attraverso il paesaggio come se fosse vivo, un animale dal muso marrone che sobbalza avidamente sulla terra. La sua testa è una schiuma di detriti scheggiati; intere automobili scivolano sulla sua schiena... una grande imbarcazione lo cavalca nell'entroterra, a centinaia di metri dal mare». L'undici marzo 2011, un gigantesco tsunami di trentasei metri di altezza si abbatte sulla costa nord-est del Giappone devastando la regione del Tohoku e causando più di 18.500 vittime. Richard Lloyd Parry, corrispondente a Tokyo per «The Times» dal 1995, viaggia per sei anni nel cuore di comunità ferite e dissolte, in quella periferia estrema del paese, un luogo remoto, marginale, pervaso ancora oggi da una spiritualità arcaica. Lo scenario è archetipico: il fiume Kitakami è largo e potente; aironi, cigni e alzavole animano i fitti letti di canne; i villaggi ai piedi delle colline sorgono in equilibrio tra campi di riso e foreste. Egli comprende la vera portata della tragedia ascoltando dai superstiti le loro storie; genitori disperati, che hanno scavato nel fango per anni, si affidano a medium nella speranza di localizzare i resti dei loro figli. Quella terra si affolla di fantasmi, spiriti di persone annegate che sacerdoti zen provano a placare.