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1938. Lev Termen è chiuso in una cabina a bordo della Staryj Bol’ševik, la nave che lo sta riportando a Leningrado. Tra le pareti azzurre scrive una lettera a Clara Rockmore, suo unico vero amore. Ricorda i primi anni a Leningrado come scienziato, l’invenzione dello strumento più strano al mondo – il theremin – e il sogno del Cremlino che quella e altre creazioni potessero essere utilizzate per infiltrarsi nella patria del capitalismo. Invece era stata New York a fare breccia nel cuore di Termen con i primi jazz club, i locali di Harlem e i concerti alla Carnegie Hall. L’America conosceva il proibizionismo e lui incontrava Rockefeller, Gershwin, Šostakovič, Bernard Shaw, Glenn Miller; l’economia statunitense veniva travolta dal crollo del ´29 e lui insegnava i magneti a Somerset Maugham, inventava prodigi elettrici e incontrava Clara, la giovane violinista per la quale era stato subito amore. In un crescendo continuo, tra una missione a Alcatraz, lotte di kung fu e giochi di spionaggio che non porteranno a nulla di buono, Termen è infine costretto a fare ritorno in Russia, ma il Paese che trova non è quello che aveva lasciato e ben presto viene spedito in un gulag siberiano.