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Interpretare la distanza partendo da una riflessione sul significato che essa ha assunto nel corso dell’evento pandemico da CoVid-19; per poi orientarla verso una riscrittura ecologica dell’organizzazione della funzione motoria e sportiva. La distanza, non come spazio di separazione o di allontanamento ma come luogo di conoscenza, che attiva il movimento, orienta il corpo e lo rende mediatore di significato, consapevole del tempo e capace di intenzionarsi in esperienze corporee, emotive, sociali stabilendo ruoli e misure tra i soggetti. Uno spazio non connotato da vuoto o assenza da riempire, ma caratterizzato come la possibilità di agire all’interno di un percorso in cui prende vita il progetto di apprendimento, e dove il vincolo diventa opportunità di esperienza. Uno spazio del desiderio dove la distanza, multiprospettica e non più lineare, non va annullata ma attraversata, perché generatrice di senso e di significato; dove il corpo e il movimento possono trovare espressione in nuove dimensioni, per scoprire nuovo senso, inteso come orizzonte significativo, e nuovi sensi, intesi come reali vissuti percettivi, per intenzionare il gesto atletico. La distanza come modalità altra di relazione, come risorsa da sfruttare per costruire e perfezionare la performance motoria e sportiva, è infine descritta come opportunità per definire nuovi lineamenti della competenza motoria e sportiva, che aggiunge e non toglie, perché forgia quelle capacità empatiche ed esecutive che potenziano, forse completandola, l’organizzazione della funzione motoria.