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Documentato nel 1346 a Firenze, Allegretto Nuzi rientrò a Fabriano nel 1347 e vi restò fino alla morte nel 1373. Forte della sua educazione toscana, egli esercitò un’influenza enorme, fra Umbria e Marche, insieme a Francescuccio di Cecco, importando un linguaggio pacato e monumentale, maturato sul confronto con la tenerezza espressiva dei Lorenzetti a Siena e coi volumi accarezzati di giotteschi fiorentini come Maso di Banco e Bernardo Daddi. Introdusse tipologie ancora ignote di complessi polittici e squisiti altaroli. Nelle iconografie fu innovatore, contribuendo alla diffusione della Madonna dell’umiltà, piegando le storie della Passione a interpretazioni originali e toccanti. Nelle tecniche pittoriche fu sperimentatore, combinando con grande libertà i punzoni e dispiegando scintillanti tessuti operati con fantasie di uccelli e tartarughe. Seppe impalcare cicli murali di rara freschezza, coniugando la grandiosità semplificata dell’insieme e l’immediatezza narrativa del dettaglio.