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Pessach Antschel, divenuto Paul Antschel e poi Paul Celan. Benjamin Wechsler, divenuto Barbu o B. Fundoianu, e poi Benjamin Fondane. Due scrittori romeni, emblemi della letteratura dell'esilio, voci della coscienza ebraica e testimoni della persecuzione nazista. Celan, delicato e fragile, chiuso nei lunghi silenzi, nelle malinconie precoci e persistenti, pellegrino affascinante e impulsivo ispirato dalle pagine di Trakl e di Rilke. Fondane, alto e ardente, chiome e sogni al vento, impetuoso, contraddittorio e indisponente, dai rapidi cambiamenti d'umore, vitale e brioso, ribelle, ruvido e aspro. Se Fondane muore ad Auschwitz, dopo aver lasciato nell'"Exode" il suo testamento poetico, Celan vi sopravvive, ma continua a bere il "nero latte dell'alba", anche dopo la notte incompiuta dell'incubo, e il suo suicidio del 1970 nella Senna è solo l'atto finale di un dramma spirituale incomparabile. Scomparsi nel fuoco e nelle acque dell'Olocausto, i due poeti si incontrano solo nel martirio, così diverso e tuttavia comune, e nel dialogo postumo del loro Io lirico.